13 Giugno 2025
SERM e inibitori delle aromatasi in andrologia
autore Dott. Andrea Delbarba
Background
Visti i buoni risultati dell’utilizzo dei modulatori selettivi del recettore degli estrogeni (SERM) e degli inibitori dell’aromatasi (AI) per le patologie funzionali della fertilità femminile (per es. sindrome dell’ovaio policistico) e per le condizioni tumorali estrogeno-dipendenti (per es. cancro mammario), da diversi anni è stato proposto anche nei maschi l’impiego di questi farmaci per il trattamento di patologie funzionali dell’asse riproduttivo (cioè senza cause organiche specifiche), come l’infertilità idiopatica, l’ipogonadismo funzionale e la ginecomastia vera idiopatica. Nonostante, a tutt’oggi, sia l’FDA che l’EMA non abbiano approvato le due classi di famaci per l’ipogonadismo maschile, il loro utilizzo viene preso in considerazione off label nella pratica clinica.
Caratteristiche farmacologiche
SERM. I farmaci maggiormente utilizzati sono il clomifene citrato e il tamoxifene, che esercitano l’azione maggiore a livello ipotalamo-ipofisario: incrementano la secrezione di LH, di FSH e, conseguentemente, di testosterone e di estrogeni, senza stimolare la secrezione di ormoni glico-attivi o mineral-attivi da parte del surrene (up regolazione dell’asse riproduttivo). Tale effetto si verifica dalla pubertà in poi e viene conservato nell’invecchiamento.
AI. Gli inibitori delle aromatasi sono classificati come steroidei (testolattone è il più noto) o non steroidei, come anastrazolo e letrozolo. Originariamente sono stati utilizzati nella donna per il cancro della mammella. Grazie all’effetto inibitorio sull’aromatasi, riducono i livelli circolanti di estrogeni, e questo li differenza dai SERM. La loro azione si esplica specialmente a livello dell’asse riproduttivo, causando nel maschio con asse riproduttivo maturo e funzionante un incremento di LH, FSH e testosterone, indipendentemente dall’età.
Linee guida
Le LG delle società scientifiche internazionali (Endocrine Society e American Urology Academy) non raccomandano le due classi di farmaci per l’ipogonadismo funzionale, perché gli studi randomizzati non ne hanno definitivamente provato né l’efficacia né la sicurezza. Per quanto riguarda l’infertilità idiopatica, la società degli andrologi europei (EAA) e quella degli urologi europei non raccomandano il trattamento con SERM o AI per la scarsità di evidenze prodotte sinora. Invece, la Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità (SIAMS) suggerisce il possibile impiego soprattutto dei SERM in casi selezionati di pazienti con infertilità idiopatica. Infine, la società degli andrologi europei (EAA) non raccomanda l’uso di SERM e AI per il trattamento medico della ginecomastia vera idiopatica.
Indicazioni, posologia e possibili effetti indesiderati
Alcune recenti metanalisi hanno lasciato intravedere il possibile impiego clinico degli AI e soprattutto dei SERM nei maschi, grazie ad effetti positivi sulla spermatogenesi nell’ipogonadismo funzionale o in soggetti con infertilità idiopatica. Tuttavia, la letteratura è povera di studi per quanto riguarda gli effetti metabolici dei SERM e degli AI nei pazienti con ipogonadismo funzionale e condizioni dismetaboliche (obesità, pre-diabete o diabete conclamato). Analogamente, non vi sono evidenze definitive sulla sessualità di pazienti dismetabolici che spesso presentano disfunzione erettile. In ogni caso, la prudenza è doverosa, visto che sinora sono stati prodotti prevalentemente studi non controllati, di breve durata (2-12 mesi), su piccoli gruppi di pazienti non omogenei.
Nel caso di soggetti con ipogonadismo funzionale, le dosi di clomifene citrato che hanno determinato un’efficace risposta dell’asse riproduttivo sono comprese tra 25 e 50 mg a dì alterni, mentre più incerti sono i dati sulla spermatogenesi dei maschi con ipogonadismo funzionale e obesità (BMI > 30). La gran parte degli studi riportano l’impiego di enclomifene (isomero trans e più attivo del clomifene ) alle dosi di 12.5-25 mg/die. Per quanto riguarda i soggetti con oligo-astenospermia idiopatica, il trattamento con clomifene citrato 25-50 mg/die per almeno 3 mesi ha determinato un incremento del numero e, di minor entità, della motilità degli spermatozoi (meglio del tamoxifene 20 mg/die). Le metanalisi che riguardano l’infertilità idiopatica, in ogni caso, includono un discreto numero di RCT, il che avvalora il peso dell’evidenza clinica. Per quanto riguarda la ginecomastia vera idiopatica, gli AI steroidei (testolattone 450 mg/die per 3-6 mesi) e non steroidei (anastrazolo 1 mg/die x 6 mesi e letrozolo 5 mg/die per 3 mesi) non hanno ridotto la ginecomastia puberale. Neanche il clomifene citrato (100 mg/die) ha determinato miglioramento della ginecomastia puberale. Al contrario, il tamoxifene (10-20 mg/die) è stato in grado di migliorare in maniera importante i sintomi e la ginecomastia nei giovani e di prevenirla negli anziani in trattamento con anti-androgeni per cancro alla prostata. Gli effetti indesiderati sono poco frequenti e di lieve entità per i SERM (vertigini e cefalea), mentre sono più importanti per gli AI (vampate, aumento del peso corporeo e, negli studi di lunga durata, riduzione della densità minerale ossea sino all’osteoporosi).
Conclusioni
Alla luce delle evidenze prodotte e in accordo alle LG delle società scientifiche, l’impiego di queste due classi di farmaci per ipogonadismo funzionale, infertilità idiopatica e ginecomastia vera idiopatica va considerato empirico e limitato a casi ben selezionati. Inoltre, la prescrizione necessita del consenso informato da parte del paziente, in quanto off label.
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